“Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden erano nudi.Si sono vestiti solo dopo che hanno peccato”. È una frase di Bettie Page, storica pin up, figura cult per amanti del fetish, icona della trasgressione, ma anche simbolo di chi è contrario a ogni tipo di censura, di conformismo e di puritanesimo. Un’antesignana: senza di lei probabilmente oggi non ci sarebbero Madonna, Dita Von Teese, Lady Gaga. Erano gli anni Cinquanta, non c’erano ancora le pornostar, ma c’erano le pin up, ragazze prosperose e sensuali, ma anche ironiche e allegre, che posavano per le riviste dell’epoca. Erano gli anni del maccartismo, e anche Bettie trovò il suo censore, Estes Kefauver, un senatore puritano che le dichiarò guerra in nome del comune senso del pudore. Ono Contemporanea, la galleria d’arte di Bologna, le dedica la mostra “Bettie Page: The Original Pin Up”, dal 29 agosto al 29 settembre, con 55 immagini originali e 20 in tiratura limitata.
Bettie Mae Page nasce in Tennessee nell’aprile del 1923: i genitori si separano poco dopo e la spediscono in un orfanotrofio, dove cresce e si diverte ad imitare le dive del cinema, sognando un giorno di diventare come loro. Frequenta il liceo con merito, fino ad ottenere una borsa di studio all’università. Ma il suo destino sarà un altro. Nel 1943 si sposa con il suo ragazzo Billy Neal, con il quale va a vivere a San Francisco e dal quale divorzia nel 1947. Dopo aver subito una violenza, nel 1947 decide di partire per New York, dove, nel 1950, su una spiaggia di Coney Island, la sua vita arriva a una svolta: conosce un certo Jerry Tibbs, poliziotto con l’hobby della fotografia. Quasi per gioco, quell’uomo comincia a scattarle delle foto. A cui se ne aggiungeranno presto altre, e altre ancora, che faranno prima il giro degli appassionati, e poi finiranno sulle più famose riviste maschili dell’epoca. Riviste che si chiamavano Whisper, Wink, Taboo, Bizarre. Non poteva rimanerle indifferente neppure uno come Hugh Hefner, il fondatore di Playboy: nel 1955 sarà la protagonista delle prime edizioni del celebre giornale. E neanche Irwing Klaw, fotografo specializzato in servizi sadomaso. Bettie verrà coinvolta nel processo a Klaw. Il senatore Kefauver, del Tennessee come lei, la accuserà di “istigare la delinquenza giovanile e la pornografia, ossia l’anima nera del sesso, il pericolo per i demoni della perversione americana”. L’accusa era partita dalla denuncia di un padre che considerava la modella responsabile della morte del figlio, avvenuta cercando di imitare alcune sue pose sado-maso con fruste, catene e cappio intorno al collo. Bettie deciderà di chiudere drasticamente con quel mondo nel 1957, a trentaquattro anni, dedicandosi alle opere cristiane. Ma con la convinzione di non aver fatto niente di male, come dimostra la frase di cui sopra.
Rivivere la storia di Bettie Page significa rivivere quelle degli anni Cinquanta. Anni controversi, contemporaneamente di libertà e oppressione (la caccia alle streghe), di fermento (nasceva il rock’n’roll) e di fobie, di scoperta (la pornografia) e puritanesimo (il senso del peccato). Com’era controversa anche Bettie: icona sado-maso, antesignana del fetish, tra corpetti, catene e frustini, simbolo della libertà sessuale, e di una sessualità giocosa e gioiosa. Ma ancheprofondamente religiosa, innocente, ingenua ai limiti del possibile. “Se dio pensasse che quello che faccio fosse immorale mi avrebbe mandato qualche tipo di segno” dichiarò. Così tutte le sue pose, le foto provocanti, per lei non erano altro che dei giochi in costume, le recite di una bambina a cui piace mettersi in mostra. Niente di perverso, nessuna istigazione al peccato. Bettie Page è stata una delle prime icone della cultura pop, colei che ha ispirato anche Madonna, per sua stessa ammissione. Ma anche un certo tipo di abbigliamento del punk, il look aggressivo di certe dive del rock. E ancora, lo stile e le atmosfere perverse delle fotografie di Mapplethorpe e Helmut Newton. Rivedere le sue immagini, la sua sessualità gioiosa, ci fa riflettere sul confine tra manifestazione della sessualità e pudore, tra libera espressione e censura. Oggi di dive che si mostrano in maniera irriverente ce ne sono tante. Ma Bettie Page è stata la prima, e ce ne sarà sempre soltanto una. Provocante e innocente.