Arrivato a Venezia già con l’alone di film cult, Non essere cattivo, l’ultima opera di Claudio Caligari, presentata postuma al festival data la prematura scomparsa del suo regista, ha confermato le aspettative emozionando critica e pubblico del Lido. Ambientato ad Ostia negli anni Novanta e anche per questo considerabile un seguito ideale del celebre Amore tossico, il film è stato prodotto da Valerio Mastandrea, vero promotore del progetto, e ha come interpreti Luca Marinelli, Alessandro Borghi (pazzeschi entrambi) e Silvia D’amico. Cast e produttore sono venuti a Venezia per presentare l’opera e tutti hanno voluto ricordare la grandezza del regista, sottolineando l’onore provato nel lavorare con lui.
Che sensazione provate nello stare qui a presentare Non essere cattivo senza Claudio Caligari? Valerio Mastandrea: Lui c’è, perché qui sono presenti tante persone che lo hanno accompagnato in questo progetto. E soprattutto c’è il suo film, come ci saranno sempre quei pochi film che ha fatto. Per noi Venezia è un punto di arrivo. Claudio era molto contento dell’interesse della Mostra per Non essere cattivo.
Il film è presentato fuori concorso. Se fosse stato selezionato in competizione avrebbe potuto dire seriamente la sua… Valerio Mastandrea: Barbera aveva anche pensato di mettere il film in concorso, ma poi ha fatto altre scelte. Nessuno sta a qui a recriminare, però c’è un po’ di dispiacere nel non avere la possibilità di essere giudicati da una giuria internazionale, e questo lo dico soprattutto per gli attori.
Vedendo il film pensate che il risultato finale sia quello che voleva Claudio? Valerio Mastandrea: Assolutamente sì, questo è un film di Claudio. Lui ha voluto raccontare la storia microscopica di un’amicizia immensa, sullo sfondo di un contesto sociale che avvolge questi due ragazzi, li corrompe e li stritola. Lui si è sempre mosso sulle stesse latitudini, ha sempre indagato i sentimenti puri degli esclusi. In un certo senso questo film chiude una trilogia. Durante le riprese diceva: “qui finisce l’era pasoliniana”. Nel senso che la storia della pellicola racconta la fine del candore, della purezza dei personaggi pasoliniani. Alla fine la domanda è: chi ha vinto e chi ha perso? Il bello è che nessuno ha pareggiato. Il pareggio non esiste.
Una domanda per gli attori: com’è stato lavorare con Claudio? Alessandro Borghi: Claudio mi ha dato la possibilità di fare qualcosa di diverso. All’inizio ero impaurito e affascinato da Claudio. Poi ho smesso di farmi domande e di avere paure, ho letto la sceneggiatura e ho trovato tutto quello di cui avevo bisogno. Poi insieme a Luca Marinelli si è avviato un processo inconscio che ci ha portato a diventare Cesare e Vittorio. Andavamo sul set senza farci domande, il segreto era avere dentro di noi i personaggi. E’ stato un onore essere travolti da tutto questo. Luca Marinelli: E’ stato molto bello. Claudio mi ha insegnato una cosa che terrò sempre con me: usare il proprio coraggio e non avere paura.
Cosa resterà di Claudio?
Valerio Mastandrea: I film di Claudio rimarranno per sempre. E poi ci sono cinque suoi copioni nel cassetto, e noi li tireremo fuori. Cercheremo il modo e le persone giuste per portare avanti le sue idee. Non il suo cinema, perché quello poteva e sapeva farlo solo lui.