Un verdetto a sorpresa fa calare il sipario sulla 72a Mostra del Cinema di Venezia. Ad aggiudicarsi il Leone d’Oro è il dramma venezuelano Desde Allà dell’esordiente Lorenzo Vigas. Un film che tra gli addetti ai lavori in questi giorni non era stato minimamente preso in considerazione per i premi finali. Così Alfonso Cuaròn e i suoi giurati hanno stupito tutti, e la loro è una scelta che si espone inevitabilmente a critiche e ai (soliti) sospetti di fine festival. È infatti legittimo pensare che il presidente di giuria messicano abbia indirizzato le sue decisioni verso le pellicole a lui più vicine (anche il Leone d’argento è andato ad un sudamericano, Pablo Trapero, regista di El Clan), ma è altrettanto legittimo pensare che Cuaròn e “soci” abbiano voluto premiare un talento emergente tra tanti veterani e nomi noti.
Una politica di pensiero che ha il suo perché, e che in fondo può dare un senso alla dimensione dei circuiti festivalieri che dovrebbero servire anche e soprattutto da vetrina per nuovi autori. Ma tale politica dovrebbe comunque tenere in considerazione delle oggettive qualità delle pellicole. E per quanto Lorenzo Vigas dimostri di possedere in potenza delle notevoli doti, è altrettanto vero che Desde Allà risulta un film dagli obiettivi confusi, dalla poetica poco coerente e privo di una vera anima.
Se il Leone d’Oro ha diviso, a convincere tutti sono stati invece altri premi. Il Gran Premio della Giuria ad Anomalisa, esordio nella stop motion per Charlie Kaufman, è un riconoscimento al coraggio e all’originalità del suo autore; il premio ad Abraham Attah di Beasts of No Nation come miglior giovane interprete era scontato e doveroso; la Coppa Volpi a Fabrice Luchini per L’Hermine è una giusta ricompensa peruna carriera straordinaria; infine, l’altra Coppa a Valeria Golino ha trovato consensi unanimi. L’attrice napoletana, protagonista del bellissimo Per amor vostro di Giuseppe Gaudino, è riuscita a salvare il nostro cinema, evitandogli di rimanere a mani vuote per un altro festival, dopo l’insuccesso di Cannes. Un riconoscimento strameritato per la Golino, che tutto sommato mette da parte i dubbi suscitati dalle altre tre pellicole nostrane in competizione.
Aggiungere altre parole sui premi finali è inutile. Dispiace non trovare nella lista dei vincitori i nomi di Sokurov, Skolimowski, Gitai e degli splendidi Eddie Redmayne e Alicia Vikander (protagonisti di The Danish Girl), ma le giurie ci sono per esprimere un parere, e di certo non può mai coincidere con quello di pubblico e critica. Le polemiche e le discussioni ci saranno sempre alla fine di una manifestazione cinematografica che prevede un concorso. E per questo non si può, anzi non si deve ridurre il giudizio su un festival alle opinioni sulle scelte dei giurati.
Questa Venezia 72 ha funzionato ad intermittenza. Nei primi giorni tante star (Jake Gyllenhaal e Johnny Depp su tutte) ma poche pellicole di rilievo, nella seconda settimana esattamente il contrario. Sebbene nel complesso non ci è parsa una pessima edizione, è evidente che la Mostra stia ancora cercando la giusta strada per riuscire a contrastare il progressivo avanzare del Festival di Toronto, che si tiene subito dopo e che negli ultimi tempi sta “rubando” film e divi a Venezia. Ormai è qualche anno che la sfida tra le due manifestazioni sembra vinta di gran lunga da quella canadese. Perciò è venuto il momento che la Biennale prenda le doverose misure e che torni l’Evento che era una volta. Stringe il cuore vedere le sale con i posti vuoti, vivere alcune giornate con fiacchi red carpet, girare in alcune serate per un Lido semideserto. C’è nostalgia, tanta, troppa nostalgia della folla davanti al maxischermo per assistere trepidanti all’annuncio dei vincitori, dell’ansia di scoprire nuovi autori, del Lungomare quasi impraticabile per le migliaia di cinefili, addetti ai lavori o semplici curiosi che vi sostano o passeggiano. Addirittura c’è anche un po’ di nostalgia delle interminabili file per entrare in sala. Le ore passate sotto il sole o sotto la pioggia per riuscire a vedere un film, per quanto noiose e stressanti, erano anche la cifra della grandezza della Mostra del Cinema. Una grandezza oggi lontana. Per cui è opportuno chiedersi: ma Venezia è sempre Venezia?