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100 capolavori a Firenze. Da Kandinsky a Pollock, l’arte dei Guggenheim

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Ancora per qualche giorno, fino al 24 luglio 2016, Palazzo Strozzi ospita una grande mostra che porta a Firenze oltre 100 opere d’arte europea e americana realizzate tra gli anni venti e gli anni sessanta del Novecento, in un percorso che ricostruisce rapporti e relazioni tra le due sponde dell’Oceano, nel segno delle figure dei collezionisti americani Peggy Guggenheim e Solomon R. Guggenheim.

Preparativi. Roy Lichtenstein (New York 1923-1997), 1968, olio e acrilico Magna su tre tele, cm 304,8 x 548,6, New York, Solomon R. Guggenheim Museum, 69.1885 Foto di Kristopher McKay © Estate of Roy Lichtenstein New York, by SIAE 2016

Preparativi. Roy Lichtenstein (New York 1923-1997), 1968, olio e acrilico Magna su tre tele, cm 304,8 x 548,6, New York, Solomon R. Guggenheim Museum, 69.1885
Foto di Kristopher McKay © Estate of Roy Lichtenstein New York, by SIAE 2016

Curata da Luca Massimo Barbero, curatore associato della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, la mostra nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi e la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York e mette in scena uno straordinario e inedito confronto tra le collezioni di Solomon e Peggy, zio e nipote, in un percorso che si snoda tra le più grandi figure della storia dell’arte del XX secolo. Partendo da grandi artisti come Kandinsky, Duchamp, Max Ernst, la mostra si focalizza poi sull’arte del dopoguerra a cavallo tra Europa e America, con i cosiddetti informali europei quali Alberto Burri, Emilio Vedova, Jean Dubuffet, Lucio Fontana, e alcune delle maggiori personalità dell’arte americana tra gli anni quaranta e sessanta, tra cui spiccano Jackson Pollock, di cui saranno esposte addirittura 18 opere, Mark Rothko presente in mostra con ben 6 quadri; Alexander Calder con 5 grandi cosiddetti mobiles; ma anche, tra gli altri, Willem de Kooning, Robert Motherwell, Roy Lichtenstein, Cy Twombly.

Realizzare questa eccezionale rassegna a Firenze vuol dire inoltre celebrare un legame speciale che riporta indietro nel tempo. È proprio a Palazzo Strozzi, infatti, che nel febbraio 1949 Peggy Guggenheim, da poco tornata in Europa, decide di presentare la collezione che poi troverà a Venezia la definitiva collocazione. Ben ventisei delle opere che figuravano nella rassegna che inaugurò gli spazi espositivi della Strozzina sono presenti in mostra. Importanti immagini inedite dell’Archivio Foto Locchi scattate nel corso dell’inaugurazione restituiscono la disposizione delle opere nelle sale insieme all’atmosfera di quella serata. Attraverso dipinti, sculture, incisioni e fotografie provenienti dalle collezioni Guggenheim di New York e Venezia, nonché da alcuni musei e collezioni private, la rassegna costituisce un’occasione unica per ammirare e confrontare insieme massimi capolavori di movimenti artistici che hanno definito il concetto di arte moderna, dal Surrealismo all’Action Painting fino all’Informale e alla Pop art. Tra le opere esposte ci sono la monumentale tela di Kandinsky Curva dominante (1936), che Peggy vendette durante la guerra (una delle “sette tragedie della sua vita di collezionista”); Il bacio (1927) di Max Ernst, manifesto dell’arte surrealista e immagine copertina della mostra alla Strozzina nel 1949; lo Studio per scimpanzé (1957) di Francis Bacon, opera raramente esposta fuori da Venezia e che Peggy Guggenheim teneva appesa nella propria camera da letto; grandi capolavori dell’Espressionismo astratto americano come Risplendente (1958) di Sam Francis e della pittura Color-Field e Post Painterly Abstraction come Miscuglio di grigio (1968-1969) di Frank Stella; la grandiosa opera Preparativi (1968) di Roy Lichtenstein, in cui l’artista pop, attraverso il tipico stile che rimanda al fumetto, propone una denuncia della guerra in Vietnam.

Senza titolo. Jackson Pollock (Cody 1912- East Hampton 1956), 1946 circa, gouache e pastello su carta, cm 58 x 80. Venezia, Collezione Peggy Guggenheim, 76.2553. Foto di David Heald © Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society, ARS, New York, by SIAE 2016

Senza titolo. Jackson Pollock (Cody 1912- East Hampton 1956), 1946 circa, gouache e pastello su carta, cm 58 x 80. Venezia, Collezione Peggy Guggenheim, 76.2553.
Foto di David Heald © Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society, ARS, New York, by SIAE 2016

LA GRANDE ARTE DEI GUGGENHEIM
La mostra testimonia l’importanza delle due collezioni, confermando Peggy e Solomon Guggenheim quali figure portanti della storia dell’arte del XX secolo. Da un lato Solomon Robert Guggenheim (1861-1949), sotto la guida della baronessa e pittrice tedesca Hilla Rebay, che sarà poi la prima direttrice del Guggenheim di New York, fonda nel 1939 il “Museum of Non-Objective Painting” (Museo della pittura non oggettiva), basato sull’idea purista dell’astrazione come assenza di figura, e sull’arte di Vasily Kandinsky in particolare, affidando quattro anni dopo all’innovativo e visionario architetto Frank Lloyd Wright il progetto di costruzione del celebre museo che aprì nel 1959. Dall’altro lato Peggy (1898-1979) sembra invece connotarsi secondo una scelta più “trasgressiva”, aperta, e trasversale. Si avvicina all’arte contemporanea quando aveva quasi quarant’anni, e attraverso i consigli del grande storico e critico Herbert Read, nonché di amici come Marcel Duchamp, Howard Putzel, e Nellie van Doesburg, si orienta verso le avanguardie europee, dal Cubismo al Surrealismo, non trascurando di acquistare i capolavori delle avanguardie astratte, arrivando ad includere nella sua collezione opere dell’Espressionismo astratto americano, di artisti come Jackson Pollock e Robert Motherwell, che espone a New York, durante la breve ma intensa e feconda stagione della sua galleria Art of This Century (1942-1947), che precede la nascita del suo museo a Venezia nel 1951. Con la morte di Solomon nel 1949, il museo newyorkese acquisisce il suo nome, e sotto la nuova direzione di James Johnson Sweeney apre a correnti dell’avanguardia oltre all’astrazione, e in particolar modo all’arte europea e americana del secondo dopoguerra, ponendosi come museo d’arte moderna a contemporanea ad ampio raggio.

Negli anni la collezione originaria di Solomon ha visto l’accrescimento attraverso altre collezioni: l’eredità di Karl Nierendorf (1948), la collezione di Justin K. Thannhauser (1976), la collezione di Giuseppe Panza di Biumo (1990-1992), importanti donazioni dalla Robert Mapplethorpe Foundation (1992) e la Bohen Foundation (2001), e infine, nel 2012, le ottanta opere del dopoguerra americana e europea, con diversi capolavori, della collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof. Fondamentale per l’arricchimento e l’internazionalizzazione della Fondazione Solomon R. Guggenheim è stata la donazione da parte di Peggy Guggenheim della sua collezione nel 1976.

LA MOSTRA

Senza titolo. Arshile Gorky (Vosdanik Adoian; Khorkom Vari 1904-Sherman 1948), estate 1944, olio su tela, cm 167 x 178,2, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim, 76.2553 Foto di David Heald © Arshile Gorky by SIAE 2016

Senza titolo. Arshile Gorky (Vosdanik Adoian; Khorkom Vari 1904-Sherman 1948), estate 1944, olio su tela, cm 167 x 178,2, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim, 76.2553
Foto di David Heald © Arshile Gorky by SIAE 2016

La mostra è suddivisa in nove sale: La prima presenta i due grandi collezionisti della famiglia Guggenheim: da un lato Peggy e la sua galleria-museo Art of This Century, dall’altro Solomon con il Museo Guggenheim di New York. La seconda sala approfondisce l’esperienza collezionistica di Peggy e la sua passione per il Surrealismo, la terza è dedicata a Jackson Pollock e alla sua avventura artistica, mentre le sale 4 e 5 sono dedicate all’Espressionismo astratto di de Kooning e alle esperienze artistiche che in quegli stessi anni maturano in Europa. Una saletta attigua accoglie oggetti amati da Peggy, tra cui quattro sculture realizzate da Laurence Vail, primo marito della mecenate e le “scatole” di Joseph Cornell, ricostruendo una magica Wunderkammer. La sala 6 è dedicata alla pittura Color-Field e alla Post Painterly Abstraction e ai mobiles di Calder, in parte appesi al soffitto in parte montati a terra. La sala 7 è dedicata interamente a Rothko, di cui Peggy riconobbe sin da subito le potenzialità, mentre conclude la mostra l’ambiente riservato alle ricerche artistiche degli anni ’60 in Europa e negli Stati Uniti: Preparativi, del 1968, un’opera di grandi dimensioni di Roy Lichtenstein, chiude idealmente il cerchio dell’avventura collezionistica della famiglia Guggenheim. Promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi e dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim con il sostegno del Comune di Firenze, la Camera di Commercio di Firenze, l’Associazione Partners Palazzo Strozzi, la Regione Toscana. Con il contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Per info: http://www.palazzostrozzi.org/mostre/guggenheim/

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  1. vandelli marcello

    16 Maggio 2018 at 14:21

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Dinos Alive – The Immersive Experience

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Arriva per la prima volta a Milano la più sorprendente mostra immersiva dedicata al mondo dei dinosauri

Dinos Alive – The Immersive Experience, la straordinaria avventura che permetterà ai visitatori di immergersi dell’affascinante mondo dei dinosauri approda per la prima volta in Italia, a Milano. A partire dal 6 Novembre La “Cattedrale”, il nuovo spazio espositivo di 2.500 metri quadri del Certosa District sarà il teatro di questo affascinante viaggio alla scoperta del nostro pianeta quando esso era ancora dominato dalle incredibili e possenti creature del giurassico.

Dinos Alive – The Immersive Experience
è una mostra innovativa che si avvale di informazioni scientifiche e di apparati tecnici di ultima generazione per offrire un percorso espositivo completo e di grande valenza formativa. Le tecnologie multimediali accuratamente integrate negli allestimenti, completano in modo particolarmente suggestivo le installazioni scenografiche e le ricostruzioni sorprendentemente realistiche di un mondo esistito oltre 65 milioni di anni fa.

Dinos Alive – The Immersive Experience
ci invita a vivere una nuova esperienza a contatto con le creature che popolavano la Terra prima della grande estinzione che mise fine al periodo giurassico e che ci ricorda oggi anche quanto possano essere delicati gli equilibri che regolano gli ecosistemi e la sopravvivenza sul pianeta, invitandoci anche a non dare per scontata la sopravvivenza quanto piuttosto a riflettere sui grandi temi del presente, come quello della sostenibilità.

L’esposizione è anche un omaggio alla possenza della natura che rivela sé stessa e i suoi segreti nelle oltre 40 riproduzioni di dinosauri animatronici a grandezza naturale tra i quali spiccano un magnifico esemplare del temibile Tyrannosaurus Rex, l’imponente Triceratopo e il tanto piccolo quanto feroce Velociraptor.

La mostra permette di avvicinarsi a queste creature in modo inedito e particolarmente coinvolgente. Ogni dinosauro è stato realizzato con grande cura nei dettagli e nelle automazioni. Gli esemplari sono quindi sorprendentemente naturali sia nelle movenze, sia nelle espressioni.

L’esposizione si sviluppa attraverso una serie di ambienti tematici che seguono l’evoluzione dei dinosauri nel corso delle ere geologiche: i visitatori avranno la possibilità di ritrovarsi nelle ambientazioni che riproducono fedelmente i paesaggi dell’era mesozoica, popolati da esseri giganti che camminano, nuotano oppure volano.

Il percorso espositivo è accompagnato da approfondimenti scientifici che raccontano la storia della Terra e dei dinosauri fornendo informazioni sulle più recenti scoperte paleontologiche.
Tra le attrazioni più affascinanti si conta l’acquario virtuale che permette di immergersi nelle profondità dei mari, osservando da vicino i grandi predatori marini come il Mosasauro, che regnava incontrastato negli abissi di un tempo.

Dinos Alive – The Immersive Experience si distingue dalle altre esposizioni sull’argomento per la perfetta combinazione tra l’educazione e l’intrattenimento e offre anche spazi di espressione adatti a tutte le età.
Il percorso prevede inoltre un’area dedicata ai più piccoli, che, in veste di aspiranti paleontologi, potranno vivere l’emozione di scoprire anche fossili “interrati”, imparando, quindi, come si è arrivati a determinare le caratteristiche morfologiche degli esemplari più conosciuti.
Da generazioni, i dinosauri suggestionano il nostro immaginario. Grazie a film iconici come la saga di Jurassic Park, e serie animate come Dinosauri, questi giganti preistorici sono diventati una parte integrante della nostra cultura popolare e collettiva. Dinos Alive – The Immersive Experience segna ora la più moderna evoluzione del tema e lo fa in modo ancora più “immersivo”, con un risultato spettacolare ed emozionante.

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Dinos Alive – An Immersive Experience è più di un viaggio nel cuore del Giurassico, è un’esperienza immersiva che
sposa nuove tecnologie ed elementi educativi, attirando un pubblico di tutte le età“, ha dichiarato Hamza El Azhar, CEO di Exhibition Hub, co-produttore e curatore di Dinos Alive – An Immersive Experience. “Dopo l’enorme successo di Dinos Alive! in tutto il mondo – da Los Angeles a Melbourne a Washington D.C.- e l’enorme successo delle nostre altre mostre a Milano, siamo particolarmente entusiasti di aprire questa unica esperienza immersiva, e in una nuova sede destinata a diventare una delle più dinamiche della città in termini di intrattenimento“.

Siamo entusiasti di portare Dinos Alive – The Immersive Experience a Milano, consolidando il successo delle nostre
precedenti collaborazioni con Exhibition Hub in città”, aggiunge Pedro Baptista, Exhibition Hub Senior Team Lead
presso Fever.La nostra partnership di lunga data ha costantemente offerto esperienze indimenticabili che affascinano il pubblico locale, e siamo entusiasti di continuare questa tradizione con un’altra avventura immersiva che combina educazione, intrattenimento dal vivo e tecnologia digitale all’avanguardia. Milano è stata una pietra angolare per la crescita di Fever, e siamo orgogliosi di contribuire alla ricca scena culturale della città con esperienze innovative e coinvolgenti”.

Dinos Alive – The Immersive Experience è un ulteriore capitolo del viaggio nel tempo nato dalla coproduzione tra Exhibition Hub e Fever che a Milano hanno già saputo conquistare il pubblico con mostre di grande successo come The Art of The Brick, Van Gogh – The Immersive Experience e Titanic – An Immersive Voyage – tuttora in corso presso Lampo Scalo Farini a Milano.

I biglietti per Dinos Alive – The Immersive Experience sono disponibili per l’acquisto, insieme a tutte le informazioni
pratiche, sul sito ufficiale dinosaliveexhibit.com.

Dal 6 novembre presso la Cattedrale del Certosa District, Via Barnaba Oriani 27 – Milano

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Gabrio Gentilini sarà il protagonista nel ruolo di Johnny Castle nella nuova versione di “Dirty Dancing”, in scena al Teatro Carcano di Milano a partire dal 12 dicembre 2024.

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Gabrio Gentilini sarà il protagonista nel ruolo di Johnny Castle nella nuova versione di “Dirty Dancing“, in scena al Teatro Carcano di Milano a partire dal 12 dicembre 2024.
Gabrio, già protagonista con l’iconico personaggio di Johnny Castle della prima assoluta italiana dello spettacolo nel 2014, torna a indossare i panni del carismatico ballerino, reso immortale dall’intepretazione di Patrick Swayze nel film del 1987, per celebrare il decennale del debutto dello spettacolo in Italia. La regia è ancora una volta affidata a Federico Bellone, che ha curato la messa in scena sin dal debutto italiano.
Per la prima volta, “Dirty Dancing” sarà rappresentato in un teatro di prosa di grande prestigio, il Teatro Carcano di Milano, noto per il suo impegno nella promozione di tematiche sociali e culturali di rilevanza, con un’attenzione particolare verso le questioni femminili.
Lo spettacolo comprenderà tutti i celebri numeri musicali e le coreografie che hanno reso indimenticabile e un vero e proprio cult il film, unendo narrazione teatrale, canzoni e balli in un’esperienza unica.
Gabrio Gentilini commenta così il suo ritorno a Dirty Dancing: “Sono trascorsi 10 anni da quando Eleanor Bergstein mi scelse per il debutto italiano di “Dirty Dancing”, lei che scrisse questa storia indimenticabile e lanciò Patrick Swayze nel ruolo iconico di Johnny Castle. Dieci anni! In questo tempo mi sono dedicato alla mia crescita come attore, esplorando nuovi mondi e accumulando esperienze diverse. Ora torno a questa avventura con il desiderio di mettermi nuovamente alla prova come protagonista, pronto a godermi l’energia del pubblico, con rinnovato entusiasmo e profonda gratitudine. Essere stato scelto ancora una volta, dopo tanto tempo, è per me un privilegio che non do per scontato. In questi anni ho acquisito nuove consapevolezze, su me stesso e sul mondo, e voglio infondere queste nuove scoperte in una storia che, ancora oggi, riesce a toccare il cuore di tante persone. Questa volta torniamo in scena con una nuova versione, in prosa ma con tutti i balli e le canzoni che hanno reso questo titolo un vero cult, nell’ambito della prestigiosa stagione del Teatro Carcano, ricca di temi che non solo intrattengono, ma celebrano con attenzione l’universo femminile e promuovono una riflessione profonda. E lo faremo durante il periodo natalizio, il che rende tutto ancora più speciale nel dare vita e colore alla magia di questo spettacolo iconico! Sono davvero onorato e grato a chiunque vorrà condividere con me questo viaggio, che per me si rinnova di una luce speciale.”

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L’abito dell’arte

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PoliArt Contemporary di Milano ha presentato  L’ABITO DELL’ARTE,  durante la Milano Fashion Week questo  Settembre 2024 in Viale Gran Sasso 35, con  la  quinta mostra di Giovanni Lombardini negli spazi della galleria milanese.

La mostra in collaborazione con MP Moda International Fashion School dove i  giovani designers si sono  ispirati dalla ricerca dell’artista riminese, esponendo ciascuno il proprio corrispettivo. Tra i designer , anche Flaminia Lamborghini che ha presentato un suo look.Tanti sono stati gli ospiti da Saverio Palatella, stilista internazionale riconosciuto per il suo talento nella maglieria a Roberta Tagliavini di RobertaeBasta esperta d’arte e personaggio Tv e molti altri.

MP Moda International Fashion School ha voluto in questo modo segnare in modo tangibile l’attinenza della moda con l’arte, due mondi che si parlano in continuazione e incidono profondamente, nella formazione dei giovani designers per cultura ed ispirazione e che continueranno ad ispirare nella loro carriera professionale.

Tutto questo vive in chi ha il coraggio di aprire veramente gli occhi davanti a loro. Perché ogni opera di Lombardini ha un proprio sguardo, coincidente con l’altro sguardo, sempre invitato ad entrare.

L’Abito dell’arte è proprio questa reciproca e possibile fusione, che l’esperienza artistica, antica o moderna, pone come proprio segreto visibile alla storia e all’intessersi delle sue epoche. L’abito è anche un “io abito”, un ubi consistam: abitare, abitarsi, abitare sé stessi per imparare a crearsi.

Eppure l’abito è anche ciò che da sempre donne e uomini indossano, troppo spesso purtroppo perdendosi in vacue superficialità. In questa mostra, per i giovani designers invitati, L’Abito dell’arte è il tentativo di trasfondere negli abiti un lavoro su di sé e con sé, cui l’arte di Lombardini sempre allude, perché l’abito può essere il luogo, il primo luogo, in cui realizzare l’altro modo dello specchiarsi: l’esemplarità. Non si tratta quindi di una mera riproduzione di stilemi su tessuti, ma del tentativo di un vero e proprio intessersi della vita e dell’arte nell’esperienza creativa dei giovani designers, che sono il primo immediato accesso all’altro specchio, quello del futuro.

Per questi motivi la PoliArt Contemporary ha accolto con grande interesse la proposta di MP Moda International Fashion School.

Il ventennale sodalizio tra la PoliArt Contemporary e Lombardini ha prodotto numerose esposizioni pubbliche e private, occasioni di approfondimento di una tra le poetiche più interessanti del panorama contemporaneo. Oltre alle mostre tematiche in galleria, sia a Milano che nella succursale roveretana della PoliArt (dal 2013 al 2018), dedicate a diversi cicli creativi dell’artista, la PoliArt Contemporary ha promosso esposizioni pubbliche, come la mostra antologica 99>11 Verso il Colore, al Museo della Città di Rimini nel 2011 e la mostra Lucio Fontana. La sua lunga ombra, quelle tracce non cancellate, del 2019, in cui sono presenti le opere di Lombardini come esempi di una ricerca che fonde pittura e oggetto (entrambe a cura di Leonardo Conti).

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