Connect with us

Venezia 74

Best of Nee Make Up– Speciale DailyMood Venezia 74 (Mostra del CInema di Venezia 2017)

Published

on

nee make upNee Make Up è stato sponsor dello Speciale DailyMood di Venezia 74 (Mostra del Cinema di Venezia). DailyMood, come ogni anno, ha seguito la kermesse cinematografica realizzando uno speciale editoriale ricco di cinema, glamour e interviste ai protagonisti.

Lo speciale editoriale completo di Venezia 74 by DailyMood lo trovate qui:
https://www.dailymood.it/cine-mood/festival-del-cinema/biennale-venezia/venezia-74/

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading
Advertisement
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

sette + quindici =

Venezia 74

Speciale DailyMood Venezia 74 (Mostra del CInema di Venezia 2017)

Published

on

By

nee make upDailyMood.it presente alla Mostra del Cinema di Venezia 74 dal 30 Agosto al 09 Settembre 2017, come ogni anno, ha seguito la kermesse cinematografica realizzando uno speciale editoriale ricco di cinema, glamour e interviste ai protagonisti.

Lo speciale editoriale completo di Venezia 74 by DailyMood lo trovate qui:
https://www.dailymood.it/cine-mood/festival-del-cinema/biennale-venezia/venezia-74/

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading

Cine Mood

Venezia 74: il trionfo di Guillermo Del Toro. The Shape of Water è il Leone d’Oro

Published

on

nee make up“Credo nella vita, nell’amore e nel cinema e resto qui su questo palco, con voi, pieno di vita, pieno di amore e pieno di cinema”. Così Guillermo Del Toro ha accolto il suo Leone d’Oro. Il regista messicano ha vinto grazie al poetico, romantico e sognante The Shape of Water. Un film che si può solo amare, che ti avvolge nella sua atmosfera fantasy e non ti lascia più. Un omaggio al cinema, un omaggio ai sentimenti. “Ho 52 anni, peso 110 chili e ho fatto 10 film – ha proseguito l’autore – c’è un momento nella propria vita e nella propria carriera in cui si cerca di fare qualcosa di diverso. Questo è stato il mio momento”. Del Toro ha poi concluso: “E’ il primo Leone d’Oro a un messicano e quindi lo dedico a tutti i registi latinoamericani, e li invito a crederci sempre, anche quando riceveranno dei no”.
Annette Bening e la sua giuria hanno fatto una scelta coraggiosa, premiando un’opera tanto autoriale quanto estremamente commerciale e popolare, di puro stampo hollywoodiano, che solitamente non riesce a ritagliarsi spazio in un palmares festivaliero. Se però il Leone d’Oro a Del Toro è assolutamente meritato, non si capisce perché la giuria abbia premiato il bellissimo Three Billboards Outside Ebbing, Missouri solo con il premio alla sceneggiatura e soprattutto che abbia totalmente escluso dai vincitori gli altri tre colpi di fulmine di questa Mostra, e cioè Mektoub, My Love: Canto Uno di Abdellatif Kechiche, EX LIBRIS – The New York Public Library di Frederick Wiseman e First Reformed di Paul Schrader. Per tutti erano questi i titoli migliori della competizione: strano non averli visti salire sul palco della Sala Grande ieri sera.
Infatti, il Gran Premio della Giuria è andato all’israeliano Samuel Maoz, già Leone d’oro con Lebanon nel 2009, per Foxtrot (un riconoscimento molto a sorpresa), il Leone d’argento per la regia a Xavier Legrande per Jusqu’à la garde (che ha ottenuto anche il premio opera prima Luigi De Laurentiis) e la Coppa Volpi per l’interpretazione maschile a Kamel El Basha per The Insult, un dramma giudiziario, passato quasi inosservato durante i giorni della Mostra. “Non me l’aspettavo”, ha dichiarato l’attore quando ha ricevuto il premio e, per quanto la sua interpretazione sia meritevole di menzione, non ce l’aspettavamo neanche noi. Il Premio della Giuria se l’è aggiudicato Sweet Country di Warwick Thornton, mentre il premio Mastroianni all’attore/attrice emergente è andato, giustamente – e non è che ci fossero altri contendenti meritevoli –, a Charlie Plummer per Lean on Pete, rivelazione di cui sentiremo parlare in futuro.
La Coppa Volpi femminile è andata invece alla grande Charlotte Rampling (meritatissima, nonostante la concorrenza della straordinaria Frances McDormand) per Hannah di Andrea Pallaoro, unico film italiano a rientrare nel palmares finale. “Sono veramente emozionata” – ha detto emozionata l’attrice – per me è un onore, un valore aggiunto ricevere questo premio in Italia, paese che è per me vera fonte di ispirazione. Ho lavorato con tantissimi maestri italiani e se sono quello che sono lo devo soprattutto all’Italia e ai suoi artisti. Ora ricevo questo premio grazie ad un film diretto da un regista della nuova generazione”. Nuova generazione italiana che però, per il resto, non può dirsi affatto contenta del verdetto della giuria. Si sperava nei Manetti Bros, ma Bening & co. non hanno avuto, in questo caso, il coraggio necessario per premiare i fratelli romani.
A tenere alta la bandiera tricolore ci ha pensato Susanna Nicchiarelli, il cui Nico 1988 ha vinto come miglior film nella sezione Orizzonti. “Ringrazio Alberto Barbera di aver scelto il mio film – ha esordito la regista – un film complicato, girato per mezza Europa, con un cast internazionale, con tante musiche. E ringrazio chi ne ha reso possibile la realizzazione”. Chissà, se il film fosse stato selezionato nella competizione ufficiale, forse avrebbe avuto qualche chance. Ma sono solo ipotesi, suggestioni, probabilmente rimpianti.

di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it
Photo Credits: ©La Biennale di Venezia – foto ASAC

 

Questo slideshow richiede JavaScript.

 

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading

Cine Mood

Venezia 74, giorno 9: I giovani di Kechiche e Claudio Santamaria “brutto e cattivo”

Published

on

nee make upHabemus Leone? Forse si. Al nono giorno di Festival e con pochissimi film rimasti ancora da vedere, probabilmente c’è stato il colpo di fulmine, quello vero. Mektoub, My love: Canto Uno di Abdellatif Kechiche, liberamente ispirato al romanzo La blessure la vraie, è cinema vero, quello che entra nel cuore durante la visione e che poi non ti lascia più. Una semplice storia, ambientata nell’estate del 1994: un gruppo di giovani in vacanza in una piccola cittadina balneare del Sud della Francia, tra mare, discoteche, futili divertimenti, amori, amicizie e nuove conoscenze. Niente di nuovo, un materiale narrativo visto e rivisto, che però nelle mani del regista di La vita di Adele diventa pura poesia visiva, verità di sentimenti, vita che si fa cinema. L’autore franco-tunisino propone la sua solita forma: durata chilometrica (180’), macrosequenze lunghissime, balli senza sosta, una insistita anatomia dei corpi, una naturalezza della messa in scena che punta solo ad una diretta trasmissione delle emozioni. Non tutti hanno apprezzato fino in fondo la pellicola, ma siamo certi che la giuria presieduta da Annette Bening non rimarrà indifferente e che, se non gli assegnerà il Leone, lo inserirà comunque nella lista dei premiati.
Il regista per riuscire a produrre il film si è addirittura dovuto vendere la sua Palma d’Oro. Onore a lui, al suo coraggio e alla sua voglia di cinema. “Questo è il primo capitolo di una trilogia” – ha dichiarato Kechiche. “Ho girato già il Canto Due e spero che dopo Venezia riuscirò a girare il terzo”. Lo speriamo anche noi.

Fuori dalla competizione ufficiale, oggi è stata invece la giornata del cinema italiano, con due titoli importanti, Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini e Brutti e cattivi di Cosimo Gomez.
Il film di Soldini vede protagonisti Valeria Golino e Adriano Giannini, lei osteopata non vedente sin dall’adolescenza, lui pubblicitario dalla vita professionale frenetica e dalla vita sessuale molto movimentata. L’incontro tra i due cambierà le loro vite. Si tratta di un dramma sentimentale delicato e ben girato, che indaga il mondo della cecità e che offre, tra le righe della storia narrata, una profonda riflessione sulla società contemporanea. Non il miglior Soldini, senza dubbio, ma un film ampiamente godibile impreziosito da ottime prove attoriali.

A far discutere è invece l’altro italiano, Brutti e cattivi, che segna l’esordio alla regia di Cosimo Gomez, che con il soggetto di questo film si era aggiudicato il premio Solinas. Un’opera folle e spregiudicata, cattiva come i suoi personaggi, irriverente, scorretta. Una dark comedy – ma molto molto dark, forse anche troppo – che vede protagonisti Claudio Santamaria, Sara Serraiocco, Marco D’Amore e il rapper Simoncino Martucci. I quattro sono disabili (Santamaria paraplegico senza gambe, la Serraiocco priva di braccia, D’Amore tossicodipendente, Martucci nano scassinatore) e formano una piccola e improvvisata gang criminale che decide di fare un colpo in banca per accaparrarsi 4 milioni di Euro e smettere la loro vita di stenti ed elemosina. Il colpo riesce ma da lì in poi si scatenerà una girandola di vendette e violenza. “Il film nasce dall’idea che ogni essere umano può essere cattivo” – ha affermato Gomez. “Mi sembrava scorretto e divertente pensare ad una banda di disabili cialtroni”. Per gli attori non è stato di certo facile entrare in questi personaggi. “Ho cercato di fare subito tante prove con le braccia legate dietro la schiena – ha raccontato la Serraiocco –, ho iniziato a fare di tutto solo con i piedi, anche truccarmi”. Santamaria ha invece detto di aver “lavorato molto sul dolore del personaggio. Uno che nasce senza gambe è arrabbiato con il mondo, e il dolore del Papero (questo il suo nome sullo schermo, ndr) è stato fondamentale per aiutarmi a dargli tridimensionalità”. Brutti e cattivi è un prodotto assolutamente originale e nuovo per il panorama cinematografico italiano. Chissà se il grande pubblico sia pronto per gustarsi un film di questo tipo. Intanto, però, a Venezia non sono mancati gli applausi.

di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it
Photo Credits: @MatteoMignani

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading

Trending