L’arte è sempre più “mood in the mood” ovvero quasi “in-attesa” e spezzettata in tanti singoli frammenti.
Ne sono un valido esempio manifestazioni alcune internazionali come la Wopart- work on paper art fair di Lugano che da tre anni oramai, esplora il contemporaneo anche attraverso materiali, in questo caso della carta.
Ma anche in Italia le gallerie d’arte e location prestigiose sono sempre più interessate all’utilizzo di supporti e nuovi materiali come gesto artistico dell’ io che si esprime liberamente.
Ne sarà un esempio l’inagurazione l’8 novembre 2018 alle 18.30 della personale del pittore Paride Ranieri a Milano, artista celebre per la performance contro la guerra a Milano lo scorso anno, dove un piccolo carro armato è stato realizzato con bossoli usati di fucile.
Dunque a settembre, al Centro Esposizioni di Lugano , La “fiera internazionale” organizzata dal Lobo Swiss e diretta da Luigi Belluzzi, ha permesso a più di 100 espositori di cui ben 85 gallerie, provenienti da 16 paesi di offrire un confronto schietto su di un panorama dell’arte e del collezionismo sempre più ampio di opere realizzate con materiali differenti, come la carta ma esiste davvero un “mood dell’arte” come poetica del frammento al fine di poter padroneggiare la volontà attraverso le nostre emozioni?
Per rispondere a questo, incontriamo proprio Paride Ranieri nel suo studio, con quella voglia di capire se rendere la comprensione artistica più umana sia davvero un lusso e per chi.
Classe 1966, il pittore comincia il suo racconto tra la citazione del corso di Storia Contemporanea a Milano ed a Roma oltre che ai suoi studi artistici presso l’accademia di Brera dove ha avuto modo anche di seguire gli insegnamenti del maestro L. Fabro.
DailyMood.it: Grazie per averci concesso questo tempo insieme. Ci racconti di Lei, da dove comincia il suo lavoro artistico in particolare la sua arte del finger painting?
Paride Ranieri: Grazie a voi per l’interessamento. Direi da molto lontano. Sicuramente dal mio lavoro. Perchè ho lavorato in uno studio di architettura, alla scenografia teatrale e cinematografica [con Dino de Laurentis Group Usa/Italy n.d.r], ho svolto una pluriennale collaborazione con la Pirelli Pneumatici per cui ho girato il mondo, allestendo eventi promozionali, nazionali ed internazionali dal 1999 al 2007, questo il mio prima.
DM: Ed il suo dopo? Quale e quando è stato il punto di svolta, se c’è stato per la sua poetica del frammento, dove appunto il luogo privilegiato è appunto la metropoli moderna che addirittura l’hanno portata a lavorare con la tecnica del finger painting con gli ossidi di ferro, ovvero lo smog, materiali inediti insomma e tanto cari al mondo dell’arte e delle gallerie?
P.R.: Gli anni 2000 sono stati molto importanti. Perchè nel 2000 ho aderito per esempio al gruppo di artisti chiamato “Arte inattesa” e da lì ho partecipato a molte performance e personali, mostre colletive in Spagna, Italia, America. E nel 2006 arrivano anche le collaboriazioni con le gallerie Fabrica Eos di Milano e Glauco Cavaciuti a Milano e nel 2010 sono assistente del maestro R.Nonas per una nota installazione. Nel 2014 ho partecipato addirittura ad una mostra collettiva chiamata “il ritratto di un gallerista”. La mia poetica del frammento ha in sè una sorta di contemplazione quasi necessitasse di un linguaggio immediato, creando per questo meraviglia. Un atto creativo che diventa realtà artistica in frammenti di volta in volta quasi “riscattati”, quasi fossero un “potenziale da emancipare” come i miei lavori di china colore e aria compressa o la china su carta, fino alle tecniche miste ed appunto alle mie tele di grandi dimensioni, interamente create con la tecnica del finger painting con ossidi di ferro e disinfettanti.
DM: Ed ora? E’ possibile essere liberi creatori di un’opera d’arte attraverso materiali anche inediti per l’arte è possibile? E’ possibile descrivere una dimensione progressiva della modernità così evocativa nel mood dell’arte?
P.R. : Si. Il mondo dei frammeti e della contemplazione diventano qualcosa di importante proprio grazie all’uso di materiali e tecniche molto differenti tra di loro come le polveri, le ossidazioni, i disinfettanti. Dico spesso che l’immagine deve poter dire qualcosa ma in un rapporto di identità o di differenziazione molto forte. E in questi tempi l’arte rinvia spesso alla propria immagine , a ciò che è o il suo esatto contrario. L’interesse c’è. Tanto che un Museo come il Mu.Sa di Salò per esempio, ha acquistato due mie opere per la loro collezione permamente, direi quindi che c’è molta attenzione a questo desiderio dell’arte del frammento.
I miei lavori con le polveri e con la china ad aria compressa, per esempio, sono sviluppati come ricomposti, nell’atto di emergere, in quel senso evidente di dover sacrificare un ordine prestabilito per una unità sintetica tra frammentarietà e precarietà che però permette in questo modo la creazione (e ri-produzione n.d.r.) di un pensiero infinito sempre nuovo.
DM. : Concludendo quindi Lei trova nei lavori di poetica del frammento ha senso parlare di una continuità con la tradizione come vero mood dell’arte?
P.R.: Cito spesso il ritrovamento della statua del Laocoonte nel 1506. La poetica del frammento diventa quel “succederà” possibile. L’opera ritrovata diventa valore superiore alla copia romana o alla copia in sè. Noi siamo e saremo sempre neoclassici. Posso solo dire questo.
Frammento essenziale dove la pittura viene usata sia per quadri di grandi dimensioni che per fogli di carta o per la scultura; così come i materiali: polveri di ferro, disinfettanti, proiettili, plastiche e molto altro. Non resta che aspettare l’inaugurazione della mostra dell’8 novembre p.v., nel celebre esercizio storico del Giamaica nella zona di Brera a Milano, che fu ritrovo indiscusso di intellettuali ed artisti che ben esprimevano questo mood dell’arte come “mood in the mood”.
di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it