“Tutto può andare a puttane in un millesimo di secondo”, ci ricorda la voce narrante nel primo episodio della quarta stagione de La casa di carta, in arrivo su Netflix il 3 aprile. Chi conosce la famosa serie spagnola sa che è la voce di Tokyo. E la quarta stagione de La casa di carta – in tutto e per tutto la seconda parte della terza stagione – inizia esattamente dove finiva la terza. In un momento in cui i piani del Professore e della sua banda di rosso vestita e in cerca dell’oro si trovano messi alle corde. Mai, fino ad ora, li avevamo visti così in difficoltà. Mai il Professore ci era sembrato incerto sulla strada da prendere. È confuso, in preda ai sensi di colpa. È più fragile, perché ama. Ma ha una missione: portare a termine quella che ormai è più di una rapina. E portare fuori i suoi da quella Banca di Spagna dove, si sa, nessuno può uscire vivo.
La casa di carta Parte 4 inizia dove finiva la Parte 3. La morsa della polizia si è stretta attorno al Professore (Álvaro Morte) e alla sua Lisbona (Itziar Ituño), ormai l’ex ispettore Raquel Murillo. Dopo aver sentito uno sparo, crede che lei sia morta. Un altro sparo ha colpito Nairobi (Alba Flores), che ora è in fin di vita. Tokyo (Úrsula Corberó), Rio (Miguel Herràn), Denver (Jaime Lorente), Helsinki (Darko Peric), Bogotà (Hovik Keuchkerian) e Stoccolma (Esther Acebo), dopo aver fatto saltare in aria un carro armato, si trovano a battersi per salvare Nairobi, per continuare la fusione dell’oro che in qualche modo dovrà uscire dalla Banca di Spagna, e a fronteggiare gli assalti della polizia. Il tutto con un capo come Palermo (Rodrigo De La Serna): lui è il genio, e, in quanto tale, “fa cose che non ci aspettiamo”. Fuori dalla banca l’ispettrice Alicia Sierra (Najwa Nimri) è per la linea dura, mentre il colonnello Tamayo è per la tregua.
Ma è solo l’inizio. Le sorprese non finiscono qui, non per niente siamo nel mondo de La casa di carta. E raccontarvele tutte sarebbe – per restare in tema – da arresto. Ma nella quarta stagione della serie creata da Àlex Pina non ci sono più solo due fazioni, i rapinatori e la polizia: ognuno ha nemici al suo interno, ognuno, come in The Departed, ha infiltrato qualcuno nell’opposto schieramento. I sospetti crescono, i nervi saltano, e con essi i collegamenti audio-video, i nemici sono pericolosi, invisibili, introvabili. Perché “il vero caos non fa rumore”. E perché “è quello che non vediamo quello che più ci ossessiona”. Insomma, il pericolo può arrivare da qualunque luogo, gli schemi sono saltati. È il caos.
È il mondo de La casa di carta, odi et amo, come diceva Catullo, prendere o lasciare. E noi, molto volentieri, prendiamo. La casa di carta, non dimentichiamocelo, arriva dalla Spagna. È una serie latina: è, per sua natura, eccessiva, iperbolica, è sopra le righe. È un nuovo mondo che mescola heist movie e telenovela. Mai, come in questa quarta stagione, al centro ci sono i personaggi con i loro amori, le loro gelosie, le loro pulsioni. Arrivati alla fine del racconto, tutte le coppie sono sul filo del rasoio, per un motivo o per l’altro rischiano di scoppiare. E, come in chimica, gli elementi liberati dai legami possono combinarsi in altri legami.
Questo è il presente, fuori e dentro la Banca di Spagna. Ma, come sappiamo, ne La casa di carta c’è anche il passato, che, grazie ai flashback (a volte necessari, a volte un po’ abusati) viviamo come parte della storia. Così spesso torniamo indietro per capire che, a quel punto del percorso, una variabile era prevista dal piano. O per scoprire qualche fatto che ci dice di più sulla natura dei personaggi, o dei loro rapporti. Come quella solidarietà femminile e quell’unione d’intenti tra ragazze che potrebbe essere una delle chiavi di volta della storia. O, ancora, per ritrovare un vecchio amico come Berlino (Pedro Alonso), catturato nel suo momento di maggior felicità, il giorno del suo matrimonio, tra Ti amo di Umberto Tozzi e Centro di gravità permanente di Battiato, e una citazione di Salvatores. Che ci ricordano quanto vicini siano a noi gli spagnoli. Come fa a non piacerci La casa di carta?
“È proprio il fatto che sembri impossibile che lo rende così bello” sentivamo dire ne La casa di carta Parte 3. Ed è la frase che forse racchiude al meglio lo spirito della serie di Àlex Pina. Così non stupitevi nemmeno quando vedrete entrare in scena delle teglie di paella e dei secchi di birra fresca… È solo un attimo di tregua. Perché La casa di carta, come se fosse un videogame, è arrivata al quarto livello, e superarlo è sempre più difficile. Già dalla Parte 3 avevamo capito che i nemici erano più temibili e più spietati di un tempo, ora ne abbiamo la conferma. E i protagonisti in rosso e maschera di Dalì, oltre che dai nemici, dovranno guardarsi anche da loro stessi, cioè dai traumi e dalle paure che hanno dentro di sé, da chi amano e da chi odiano. “Dicono che l’amore muova il mondo, ma di sicuro l’odio non è da meno”.