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Suburra 3: Perché la serie Netflix è diventata un cult

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Roma non si governa con le carte. Né con le pistole. Roma si governa con il potere e voi non ce lo avete”. La terza e ultima stagione di Suburra – la serie, il crime thriller italiano originale Netflix prodotto da Cattleya e Bartlebyfilm, disponibile in streaming dal 30 ottobre, è tutto in questa frase, quella di un personaggio secondario, anonimo, come sono spesso dei personaggi chiave nelle storie di potere. Quelli a cui si rivolge sono Aureliano Adami (Alessandro Borghi) e Spadino Anacleti (Giacomo Ferrara), i due protagonisti della serie che, lanciata nel 2017 e concepita sin dal principio per raccontare la profana trinità – Chiesa, Stato, Crimine – è in breve tempo diventata un cult. Le storie di Aureliano, Spadino, di Manfredi e Samurai si fermano qui, alla terza, concisa stagione (6 puntate), e un po’ ci mancheranno. Perché è come se fossero stati da sempre con noi. I personaggi di Suburra sono entrati nell’immaginario collettivo, la gente li imita, ne ripete alcune battute. Su internet c’è una community, Suburra Wiki, dedicata al mondo della serie e del film. Vediamo allora perché la serie Netflix è diventata un cult e come si è evoluta nel corso delle stagioni.

La serie prende spunto dal libro di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, e dal film omonimo di Stefano Sollima del 2015. La storia del film è ambientata nel 2011, sette giorni prima della caduta del premier italiano, mentre quella della serie si muove a partire dal 2008, nei venti giorni tra l’annuncio delle dimissioni del sindaco di Roma e la loro entrata in vigore. Si intuiva, ma lo abbiamo capito soltanto ora: la serie non è un prequel del film. E i personaggi non sono destinati ad arrivare a quel punto, a quello che abbiamo visto in quei fatidici sette giorni del 2011. La serie si muove in quel mondo, ma i personaggi prendono una vita propria e sviluppi propri. Per questo, nella terza stagione, aspettatevi davvero di tutto.

La prima stagione ruotava attorno al Vaticano e all’acquisizione dei terreni di Ostia per la costruzione di un porto; la seconda stagione era incentrata sulla competizione per il potere politico sulla città con l’elezione di un nuovo sindaco; questa terza ed ultima stagione sarà una battaglia senza esclusione di colpi per le strade di Roma. Il crimine avrà sempre le sue sponde, però: la politica e la Chiesa ci sono sempre. Con l’elezione del nuovo sindaco di Roma, in Campidoglio Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro) è diventato sempre più potente. Non lo vediamo mai nelle stanze del potere, ma sempre nelle strade. Tutti dovranno passare attraverso lui per spartirsi il più grande affare del nuovo millennio: il Giubileo. Aureliano e Spadino sono pronti a sfidare di nuovo Samurai (Francesco Acquaroli) e ad avvicinarsi a un personaggio chiave, Cardinale Fiorenzo Nascari (Alberto Cracco).

La terza stagione è ricca di sorprese, punta su continui colpi di scena, anche a costo di sacrificare personaggi carismatici. È velocissima, ritmata, sei puntate che arrivano dritte a un finale commovente e potente, una degna conclusione di una serie che è diventata molto amata. La scelta di non legarsi al film ha dato libertà agli sceneggiatori, libertà di stupire a ogni puntata, che è stato uno dei tratti distintivi, sin dalla prima stagione, della serie Suburra.

Lo status di serie cult di Suburra è frutto di una serie di fattori. Il primo è la grande passione, in Italia come in tutto il mondo, delle serie “crime”. E in Italia il format è ben collaudato. Suburra arriva dopo le serie Romanzo criminale e Gomorra, e si inserisce in una linea editoriale ben precisa di Cattleya, quella di portare in tutto il mondo i generi per cui l’Italia si è distinta nel passato. In questo caso è il poliziottesco degli anni Settanta, che qui è riveduto e corretto in chiave pop.

Ma la novità di Suburra, rispetto ai precedenti “romanzi criminali” italiani, è di portare il racconto a Roma, di legarlo in qualche modo alla cronaca, e di andare a toccare dei nervi scoperti su cui l’opinione pubblica è sempre stata attenta. Si è sempre parlato del Vaticano e di una parte un po’ oscura, quella legata agli affari, di parte della Chiesa. Hanno destato attenzione una serie di notizie legate ad alcune associazioni di stampo mafioso come i Casamonica e gli Spada di Ostia. E, soprattutto, c’è stato in Italia un sentimento di disillusione e allontanamento nei confronti della politica, che ha dato vita a movimenti che a loro volta hanno finito per portare altra delusione. L’intelligenza di Suburra è stata quella di intercettare tutti questi spunti che arrivavano dalla società e di confezionarli in un prodotto che, senza denunciare e fare nomi, è riuscito a suggestionare, a evocare certi fantasmi, certi sentimenti nell’aria. Nel frattempo, mentre Suburra arrivava sullo schermo, dalla cronaca continuavano ad arrivare notizie che rafforzavano il fatto che il racconto iperbolico di Suburra si fondasse su delle basi di verità.

Il simbolo della serie allora finisce per essere Amedeo Cinaglia, il politico integerrimo che diventa il più avido e immorale di tutti, interpretato da Filippo Nigro. È guardando lui che il pubblico ripensa ad anni di cattiva politica italiana. Ma, in generale, il fatto è che, sul piccolo o grande schermo, ci piace guardare i cattivi, perché è liberatorio, perché nella loro grande cattiveria finiscono per affogare quelle piccole cattiverie che fanno parte di ognuno di noi. In qualche modo spettacoli come Suburra sono catartici e liberatori.

E poi i personaggi, che nell’arco di tre stagioni riescono ad essere approfonditi meglio che in un film di due ore, hanno trovato i loro interpreti perfetti. Alessandro Borghi è forse il miglior attore italiano della sua generazione, e in Aureliano ha trovato un ruolo ideale, gli occhi lucidi e affebbrati, la mascella serrata, la parlata strascicata. Nella terza stagione il suo personaggio è ancora più malinconico, dolente, consapevole di ciò che sta facendo. “Tutto quello che tocco muore” dice a un certo punto. Dall’altro lato, Giacomo Ferrara è noto quasi solo per il suo ruolo di Spadino, ruolo che gli calza alla perfezione e che, in questa stagione, è riuscito ad arricchire di malinconia e di empatia: quel ghigno a volte diventa finalmente un sorriso più tenero. E il ruolo di un cattivo che forse non lo è abbastanza, a suo modo, è molto moderno. Così come è moderno quello delle due donne del cast, Nadia (Federica Sabatini), la compagna di Aureliano, volto da bambina e grinta da ragazza di strada, e Angelica (Carlotta Antonelli), volto duro e spigoloso, ma con dei sogni da portare avanti.

La terza stagione di Suburra si muove tra Palazzo Patrizi, Piazza del Campidoglio, il Colosseo, Via della Conciliazione, Via Giulia e il Colosseo Quadrato, ma anche Fiumicino, il Porto Turistico di Roma e le spiagge di Ostia e Fregene. Roma è sempre più protagonista in quella che è una tragedia elisabettiana ambientata sul Tevere. Sembra osservare silente, altezzosa, eterna, e far capire a tutti che, comunque, a comandare è lei.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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