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La casa di carta 5: La rapina è finita, il sogno non è finito

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Il sogno non è finito”. È una scritta che appare su un muro, opera di un writer che, come firma, utilizza una maschera di Dalì stilizzata. È una delle ultime scene de La casa di carta: la Parte 5, Volume 2, con gli ultimi 5 episodi, ha concluso la lunga storia del Professore e della sua banda. Quando appare quella scritta ormai abbiamo capito come è andata a finire. Tranquilli, se non avete ancora visto il finale non ve lo diremo. Ma proveremo a raccontarci il senso della serie spagnola. Quando la gente comincia a riprodurre la tua effige sui muri, a scrivere parole che inneggiano a te, vuol dire che sei diventato un simbolo. Non sono solo le scritte sui muri, ma anche le migliaia di persone assiepate davanti alla Banca di Spagna per sostenere i rapinatori, perché hanno capito che sono dalla loro parte. Non se ne vanno neanche quando Lisbona, con un toccante messaggio video dall’interno della Banca, chiede loro di andarsene, si scusa, ammette a nome della banda di aver sbagliato molte cose. Anzi, i sostenitori della banda si convincono sempre di più di stare dalla parte giusta. Si parla spesso, in questi ultimi episodi, di cosa voglia dire stare dalla parte giusta o da quella sbagliata. C’è chi dice che non esistono giusto e sbagliato. Eppure, se la banda ha conquistato il popolo, vuol dire che, nonostante tutto, dalla parte giusta ci sta.

Come il pubblico assiepato fuori dalla Banca di Spagna, il Professore e i suoi sono riusciti a conquistare il pubblico degli spettatori. La casa di carta ha avuto un seguito enorme, e, come nella serie, le tute rosse e le maschere di Dalì si sono diffuse tra la gente. Il Professore e la sua banda sono diventati icone, sono stampati nel nostro immaginario, sono diventati davvero dei simboli. La maschera di Dalì e le tute rosse sono quelle di chi cerca riscatto, di chi pensa agli ultimi, di chi si oppone allo strapotere delle banche e degli organi finanziari, di chi prova a non lasciare indietro chi ha bisogno. Non sono Robin Hood che rubano ai ricchi per dare ai poveri, il Professore e la sua banda, ma in qualche modo provano a sovvertire il sistema. Bella ciao, che qui sentiamo in una versione “batucada”, tribale, a base di percussioni improvvisate, non è stata cantata a caso.

E in ogni caso non rubano solo per i soldi. L’oro fa comodo, non lo nega nessuno. Ma non è solo questo. C’è chi ruba perché non sa fare altro, chi perché non ne può fare a meno, chi perché è stato tradito, chi per un riscatto personale. E poi c’è chi immagina grandi rapine perché è l’unico modo che ha per parlare con il padre, morto rapinando una banca quando era ancora bambino. Quel bambino, che quel giorno correva dietro al papà in bicicletta, per raggiungerlo e andare a pescare, sentiva dal genitore racconti di rapine come fossero dei film. “Riesci a immaginare la macchina con cui fanno il denaro?” Sì, le rapine del Professore nascono per stare ancora con papà. “Ora sono io a raccontargli il film: papà che ne dici di questa parte del piano? Parlo molto con lui.”.

Essere arrivati alla fine della rapina, ad ogni modo, è una conquista per la banda. Ed è una conquista anche per noi spettatori. Non solo perché abbiamo visto com’è andata a finire. Ma anche perché abbiamo potuto finalmente conoscere quei personaggi, andare a fondo delle loro motivazioni, capire da dove arriva il fuoco che li anima. Il finale de La casa di carta serviva anche a questo, a chiudere cerchi. Abbiamo capito cosa anima il Professore. E abbiamo anche capito perché il Berlino che nelle prime due stagioni, quelle della rapina alla Zecca di Stato, era folle, instabile, violento, ambiguo con le donne, è diventato così. Nelle ultime tre stagioni, in flashback, lo abbiamo visto sereno, innamorato, entusiasta. Eppure, lo abbiamo capito solo alla fine, qualcosa nella sua vita è andato storto. Tutti i racconti del passato di Berlino sono fili che si riannodano in questo finale. Toccherà proprio a lui tenere alta la bandiera della banda. Netflix infatti ha annunciato Berlino, serie spin-off de La casa di carta, in arrivo nel 2023. No, il sogno non è finito.

Ma quando parliamo di riannodare dei fili parliamo anche di un ritorno a La casa di carta come l’abbiamo conosciuta ormai tre anni fa, quella che era una partita a scacchi, un gioco di strategie, di mosse e contromosse, quella che era l’Aikido. Con il tempo la serie era diventata qualcos’altro, un film di guerra, una storia con forse troppe digressioni. Gli ultimi episodi ci hanno riportato La casa di carta che amiamo: la rapina, i piani architettati con perizia, i giochi di prestigio. La volontà dei creatori delle serie, ancora una volta, coincide ed è esplicitata dai personaggi, il Professore e Lisbona su tutti. Li sentiamo dire più volte che sono state perdute troppe vite, da una parte e dall’altra, e che non è il caso di sprecare altro sangue. Più di una volta ci troveremo con dei personaggi che diranno che è meglio non sparare. Così, anche se in fondo i caduti ci sono stati, tornano da noi il Professore e i suoi come li avevamo conosciuti, quelli che volevano organizzare tutto con maschere e tute, con giochi di illusioni prima ancora che con la violenza.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

 

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