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La memoria incontra la primavera, tra infanzia e viaggi nel mondo

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LA NUOVA STAGIONE IRROMPE NEI PIATTI DI EUGENIO BOER, CON LA FRESCHEZZA E LO SLANCIO DI UN’INCESSANTE RINASCITA

Ogni stagione porta con sé atmosfere, colori, odori così diversi da stimolare il desiderio di sensazioni nuove e assolute, che permettano di viverne l’essenza più vera. La “primavera” di Eugenio Boer, chef del ristorante BU:R Milano, anima la voglia di scoprire nel piatto storie, ingredienti, sapori e racconti, che narrano il suo percorso di uomo e di cuoco e che mettono sempre al centro il gusto, indiscusso protagonista delle sue creazioni culinarie e tratto distintivo del suo stile e della sua evoluzione.

Il RICORDO è la chiave che permette di aprire le porte dei suoi piatti e di entrare in un mondo molto personale, che vuole essere condiviso e raccontato. Nel suo pensiero il sapore di una pietanza deve essere un rimando della mente a qualcosa che si è vissuto, un ritorno all’infanzia ma con la consapevolezza dell’età adulta. Lo chef ha girato il mondo, mangiato ovunque, conosciuto stili e tecniche ma non ha mai perso la memoria, prezioso patrimonio che lo ispira nell’ideazione di ogni sua ricetta, come tratto ormai fortemente riconoscibile del suo processo creativo.

Il boccone fa scattare qualcosa, nella mente e nei sensi, va a toccare corde che sono insite in ognuno. Il cibo, la famiglia, la convivialità: momenti della vita, indelebili. La missione che Eugenio sente fortemente propria è quella di ricreare questa emotività all’interno del suo ristorante gastronomico, attraverso i piatti, il servizio caldo e avvolgente della sua compagna, Carlotta Perilli e dei ragazzi della squadra. Una vera e propria passione, una scelta ben precisa: quella di mettersi al servizio della felicità di chi si lascia trasportare nel mondo BU:R e desidera essere al centro di un attento “ascolto” e di un’esperienza appagante.

Concetto che emerge con potenza dalle parole dello Chef Eugenio Boer.

“La storia crea ricordi e fa vivere emozioni. Non si può e non si deve in nessun modo biasimare il passato, lo si deve prendere e rifondere come cuneo sul quale fondare un nuovo futuro, un nuovo lessico gastronomico italiano, lavoro ed impegno di tutti, non dei singoli. 

La bellezza della cucina italiana è radicata nella sua diversità e in un territorio incredibile fatto di mille sfaccettature. Ognuna di esse è un pezzo di storia che deve essere punto di riflessione, un momento di analisi da non vivere come un arresto o un limite.

I sapori primari, la convivialità, l’amore della tavola che possiamo racchiudere nella nostra memoria come gesti storici, quelli che ci fanno sorridere, emozionare, ricordare. Tutto questo deriva dalle nostre famiglie dalle nostre radici, che da familiari diventano paesane, regionali. Diventano la nostra bellissima Italia.

Il potere della memoria è infinito e gioca su corde sottili ma estremamente solide. Emozioni che toccano queste corde e che possono far brillare gli occhi di una persona, che già ha visto tutto e non credeva di poterlo rivivere e per questo fa emozionare davvero. La semplicità apparente. Che apre gli occhi e il cuore all’ascolto.”

Due i menu degustazione, “I Classici” e “La Primavera”, oltre al “Per mano”, un percorso di gusto in cui lasciarsi guidare dalle mani esperte dello chef, per conoscerlo attraverso i suoi piatti.

E una immancabile carta, per chi ama comporre un proprio viaggio personale.

Si parte dall’Aperitivo di benvenuto, nuovo ma sempre improntato sulla sostenibilità e sulla volontà di riprendere piatti classici della tradizione italiana interpretati in chiave moderna, contemporanea, fresca. Per poi spaziare nelle proposte che animano i menu, tra novità e grandi ritorni.

Come entrée Caffè e mescolanza: Eugenio dà il via al viaggio con un ricordo della sua infanzia, quando intingeva nel latte i biscotti di un antico forno a Genova, che utilizzava gli scarti di farine per creare i propri dolci. La bellezza di questa proposta è che viene realizzata con tutti gli elementi di recupero delle verdure. Il caffè, che qui diventa un decotto, è fatto con gli scarti vegetali e i biscotti, che hanno una forma deliziosa, sono creati da un composto, una purea di verdure.

Asparagi Italiani è un piatto che nasce con la volontà di non essere legato ad alcun territorio, ma profondamente al prodotto. Un ingrediente vegetale che acquista caratteristiche peculiari e distintive a seconda dell’ambiente in cui nasce, con grandi potenzialità di espressione e accostamento. Gli asparagi hanno una stagionalità ben precisa, e regalano l’opportunità di raccontare ogni giorno abbinamenti differenti, come per esempio con l’uovo di Selva, in modo semplice, con un mosto d’uva cotto. L’idea è quella di giocare con l’asparago finché la stagione lo permetterà. Il Violetto di Albenga, il Bianco di Terlano, le tipologie “verdi” che arrivano dal Centro e Sud Italia. Un patrimonio prezioso, che permette di dare alla pietanza continuità e discontinuità. Un tripudio dell’ingrediente primaverile per eccellenza, servito in declinazioni variegate e mutevoli nel corso dei tre mesi della stagione.

Ecco poi la Finta Scaloppina al Marsala, che si fonda sulla forte valorizzazione della materia prima, questa volta espressione dell’etica e del pensiero dei Fratelli Varvara. Una carne che merita di essere al centro di ogni attenzione, per la sua bontà e per il pensiero che in essa si cela. Le vacche sono podoliche, allevate allo stato brado, un prodotto di pura eccellenza.

Il piatto si ispira alla Scaloppina, semplice e confortante, solitamente fatta in casa, o con il limone o con il Marsala. La carne è cruda, di vacca podolica vecchia, con una bella struttura di gusto e una potente tenerezza. Ad accompagnare due salse, una al Marsala e una alle cipolle.

I sapori si fondono, in bocca, e insieme creano quella familiare sensazione della fettina di carne cotta in padella con il burro, infarinata a dovere. Tutti gli elementi sono qui scorrelati, eppure capaci di ricreare al palato la sensazione del piatto originario. Potenza evocativa.

Il Piccione questa volta vola tra Basilicata e Puglia, incontrando i marasciuoli selavitici e la burrata di Andria, il peperone di Senise e a finire una glassatura con mosto di fichi (dalla Puglia).

La tecnica rimane quella delle tre cotture.

Il petto cotto in rosa, la coscia ripiena e il macaron è il classico iconico della cucina boeriana con cuore e fegato di piccione e grue di fave di cacao.

Inno alla primavera anche la Vignarola & vino bianco. Da sempre cibo dei contadini del centro Italia, tra Toscana, Marche, Alto Lazio. Una semplice insalata, con i prodotti di stagione, mangiata con un pezzo di formaggio e un bicchiere di vino bianco. Eugenio ha lavorato sul contenitore, che rimanda al cestino di Parmigiano anni ’80 ma che ora è fatto con la cipolla paglina, senza uso di farinacei e latticini. All’interno la vignarola, con diverse cotture. Crude, alla brace, sott’olio e sott’aceto e accompagnate da una salsa al vino bianco. Ancora una volta la completezza in bocca, quando gli elementi, prima destrutturati, si uniscono creando la giusta armonia.

Piatto dritto, i Sedanini Mediterranei, sempre pastificio dei Campi. Una pasta secca con acciughe, marinate e in crema con pinoli e finocchietto. Un gioco tra i toni del Mediterraneo, diretto nella sua semplicità di mare. Con risvolti curiosi dati dal finocchietto dal Sud Italia, vera e propria esplosione.

Lo Spaghetto alle vongole è verde, una chitarra di pasta fresca realizzata con estrazione di prezzemolo e condita con vongole, burro al limone e peperoncino. L’accostamento con un grasso animale crea grande eleganza nel piatto, regala rotondità e gentilezza al gusto. La spinta arriva dal limone e dal peperoncino, oltre che dallo iodato della vongola verace. Callosa la nota della pasta, un morso che non si dimentica.

Il secondo vegetariano, è una Tigella di aglio orsino, con verdure, lardo di sedano rapa e maionese di nocciole. La spensieratezza è quella della primavera, che porta a mangiare con le mani sporcandosi le dita. L’aglio orsino regala grande freschezza e il suo colore verde brillante rende l’impasto perfetto per accogliere le verdure, alla griglia e sott’aceto. E poi il salume green, un lardo salato di sedano rapa, rosmarino e chiodi di garofano.

Non mancano i grandi ritorni.

Il Risotto di campo, un piatto che prima arriva al naso e alla memoria, poi al palato e lo travolge. Robiola di Roccaverano, garum di polline, lavanda, erba cedrina e burro affumicato al fieno.

La fotografia di un ricordo dell’infanzia dello chef, la permanenza in campagna a fine estate con la nonna. Profumi, sensazioni. La valle è quella Borgotaro, ricca di funghi per le scorte invernali. E non si dimenticano i rituali all’arrivo, con la lavanda messa nei cassetti e quel forte odore di fieno ovunque, delle balle asciugate al sole (che ritroviamo nel burro affumicato al fieno usato per mantecare il riso), i fiori, il polline, le erbe. Ecco allora la magia di riuscite a rendere “fresco” un risotto, piatto per essenza goloso, pieno. Ma la sensazione che sprigiona è un gioco di sentori che non può che catapultare esattamente dove lo chef vuole condurre.

E Seppie e piselli, esaltazione della tradizione primaverile classica del territorio italiano, in un abbinamento tradizionale. Due prodotti con la stessa stagionalità, due soli elementi nel piatto che si incontrano per celebrare la stagione in un gioco di consistenze, texture, temperature.

A completare il percorso, Mandorle e Rabarbaro. Dolce semplice, fresco, che esalta i toni del rosso e del rosa, leggero, di gusto e Cioccolato, mandarino tardivo di Ciaculli e peperoncino. Si torna in Sicilia, con questo mandarino dalle note uniche che rende il piatto un viaggio in questa affascinante piana sopra a Palermo.

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