“Nun te scurda’, nun te scurda’. Nun te scurda’ pecché sta vita se ne va. Nun te scurda’ maje ‘e te”. Inizia con la musica degli Almamegretta, e la voce insinuante di Raiz, La vita bugiarda degli adulti, la nuova serie in 6 episodi prodotta da Fandango e tratta dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, edito da Edizioni E/O, disponibile in streaming su Netflix il 4 gennaio. Nell’onirica sequenza di apertura, che vede la giovane protagonista fluttuare nell’acqua, come in un meccanismo di purificazione, di passaggio, di metamorfosi, ascoltiamo una canzone che è in grado di portarci subito in un mondo, di darci le coordinate, di dirci dove siamo. E siamo proprio dove crediamo di essere: Napoli, anni Novanta. È qui che si svolgono le avventure di Giovanna, e il suo passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
Tutto ha inizio un giorno, quando Giovanna sente i suoi genitori parlare di lei. “Sta mettendo la faccia di Vittoria”. Il che, nel loro gergo, vuol dire che sta diventando brutta, arrabbiata. Vittoria è la zia di Giovanna, la sorella del padre, con cui ha interrotto i rapporti da anni. Giovanna non ha mai conosciuto la zia. E, passato il dispiacere per quello che le è stato detto, comincia a provare curiosità per la figura di Vittoria. E chiede ai genitori di poterla incontrare. La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli diverse: la Napoli di sopra, quella dalla maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna così oscilla tra alto e basso.
Come vi abbiamo detto all’inizio, quello che colpisce subito, ne La vita bugiarda degli adulti, è la cornice anni Novanta che il regista, Edoardo De Angelis (anche sceneggiatore insieme a Elena Ferrante, Laura Paolucci e Francesco Piccolo) riesce a costruire intorno alla storia. Il libro di Elena Ferrante, pur ambientato in quel periodo, lascia un po’ fuori le sensazioni legate all’ambiente e al periodo, concentrandosi molto sulla storia, i rapporti, l’interiorità di Giovanna. Il libro è scritto in prima persona, e spesso c’è il monologo interiore della protagonista. De Angelis invece ci mostra anche tutto quello che c’era intorno. E allora ascoltiamo gli Almamegretta, i Bisca, i 99 Posse, artisti che hanno segnato Napoli – e tutta la scena musicale italiana, e dire il vero – in quegli anni Novanta musicalmente indimenticabili. E con loro ci sono i centri sociali, che in quegli anni facevano cultura.
E poi c’è il Tutto Città. Che ci fa tenerezza, oggi che per qualsiasi cosa usiamo in navigatori sui nostri smartphone. Ma è importante anche per un altro motivo. Il Tutto Città è una mappa, un modo per orientarsi, per scoprire zone della città in cui non si è mai stati. E tutta questa avventura, in fondo, è una mappa, un percorso a alla scoperta di sé, della Giovanna che non lei stessa ancora non conosce. Un percorso fatto di svolte, curve, di discese. E in questo senso è bellissima quella sequenza, quella corsa in motorino che si svolge dall’alto verso il basso, in una serie gironi danteschi giù dalla collina del Vomero. Una discesa che non è una discesa agli inferi, ma nelle viscere di una città, in un cuore pulsante di vita. Che diventa un viaggio dentro di sé, alla scoperta di un io più profondo. Forse il suo vero io, forse una parte di sé che c’era, ma che ancora non sapeva di avere.
Gli interni borghesi, caldi, consueti, un po’ banali della casa di Giovanna sono quelli che ricordiamo degli anni Novanta, e anche degli Ottanta. Sono quelli delle atmosfere del libro, che sono ricostruite alla perfezione. Quello che De Angelis aggiunge, che nel libro non c’è, è la musica, intesa non come sottofondo, ma come scena culturale, come segno sei tempi. E poi aggiunge anche la vita di Giovanna fuori dalla famiglia, le amiche e i centri sociali, la scuola, le strade della città.
La protagonista, Giordana Marengo, è più bella di come la immaginiamo leggendo il libro. Anche se non abbiamo mai creduto alle parole “ha messo la faccia di Vittoria” e, anche leggendo il libro non l’abbiamo mai immaginata brutta, ci figuravamo Giovanna con dei tratti spigolosi, con un modo di essere brusco, scontroso. Giordana Marengo ha un viso molto bello. Ma, per fortuna, lo è in maniera insolita, fuori dalle mode e dal tempo, da ogni somiglianza. I capelli corti, gli zigomi alti, la forma del viso allungato. E poi quegli occhi verdi, quello sguardo penetrante. La sua Giovanna è interessante ed enigmatica.
Vittoria, evocata per tutto l’inizio della storia, arriva piuttosto presto, dopo mezz’ora del primo episodio. La regia non ce la mostra subito. Con una piccola ellissi, ci fa vedere Giovanna uscire dalla sua casa. Poi ritorna subito indietro, nei suoi ricordi, e ci racconta come è andato quell’incontro. Anche Vittoria è molto più bella di come appare nel libro. Ci mancherebbe, direte: a interpretarla è Valeria Golino. De Angelis è bravo a “sporcarla” un po’ quella bellezza, con un trucco un po’ pesante, i capelli arruffati, con un abbigliamento che smorza l’eleganza della Golino. Lei ci mette la scontrosità, movenze che contrastano con la sua grazia. E crea un personaggio credibile. Gli occhi verdi, poi, sono il legame naturale, l’affinità elettiva con la nipote Giovanna, e con Giordana Marengo.
Così come De Angelis è bravissimo a “sporcare” anche l’immagine. Il sopra e il sotto di Napoli sono girati rispettivamente al Vomero e a Poggioreale. Ed è soprattutto quest’ultimo aspetto, a colpire. Come aveva fatto nel suo film Indivisibili, De Angelis è bravissimo ad accentuare il degrado e le ferite di certi ambienti. In questo modo, il contrasto tra alto e basso è più accentuato rispetto al libro. La serie di De Angelis segue il libro ma aggiunge molto. È un viaggio nell’interiorità di una persona, ma anche in un’epoca, in un sogno. Tocca il privato, ma anche il pubblico, la politica, la religione. Per tutti questi motivi La vita bugiarda degli adulti è una serie da vedere.