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La legge di Lidia Poët: Matilda De Angelis è un’eroina senza tempo

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Gli occhi blu di Matilda De Angelis brillano, sempre in primo piano, nelle scene de La legge di Lidia Poët, la serie in 6 episodi, prodotta da Matteo Rovere e la sua Groenlandia. La serie creata da Guido Iuculano e Davide Orsini è disponibile in streaming dal 15 febbraio su Netflix  La serie è diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire e scritta da Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro e Paolo Piccirillo. Matilda De Angelis è Lidia Poët, la prima donna in Italia ad entrare nell’Ordine degli Avvocati. Ed è la protagonista assoluta di una di quelle serie che non ti aspetti.

Siamo Torino, alla fine del 1800. Lidia Poët ha studiato legge ed è un bravo avvocato. Ma, proprio mentre è alle prese con un caso scottante, una sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima la sua iscrizione di all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione, Il motivo? È un lavoro che per sua natura non si addice ad una donna. Senza lavoro, Lidia torna alla casa della sua famiglia e inizia a lavorare presso lo studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare le conclusioni della Corte. Intanto Jacopo, giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di Torino magniloquente.

Quando, molti mesi fa, avevamo letto del progetto di questa serie, avevamo pensato a qualcosa di completamente diverso da quello che è. Ci aspettavamo un biopic classico e ben ancorato nel tempo in cui è ambientato. Ma La legge di Lidia Poët, è chiaro fin dalle prime immagini, e sempre di più man mano che si vedono i vari episodi, è tutt’altro. La storia vera di Lidia Poët, la prima avvocata d’Italia, è soltanto lo spunto per creare una serie moderna, accattivante, pop, con una serie di anacronismi creati ad arte. La serie, che è un period drama, e non può essere altrimenti, nelle mani di Matteo Rovere diventa anche un light procedural. Cioè un vero e proprio racconto poliziesco, con una serie di casi che vengono risolti nel giro di ogni episodio.

L’architettura de La legge di Lidia Poët, infatti, è perfetta. C’è una struttura verticale, che permette di seguire ogni episodio come qualcosa di autoconclusivo, un caso nato e risolto nell’arco dei circa 50 minuti di ogni puntata. E poi c’è una struttura orizzontale, che permette di seguire la lotta di Lidia per l’affermazione del suo diritto a fare il suo lavoro, indipendentemente che si pensi che non sia adatto a una donna. In questa storia c’è gran parte della modernità del personaggio di Lidia. Lidia non è solo una donna che vuole fare il lavoro per cui crede di essere portata. È un’anticonformista, che vuole decidere per se stessa, che non vuole per forza essere legata ad un uomo né farsi mantenere da lui. Che può decidere liberamente di andare a letto con un ragazzo per il piacere di farlo, senza definirsi la sua fidanzata. Guido Iuculano è tra gli sceneggiatori di Romulus, sempre prodotta da Matteo Rovere: un’altra serie che, ambientata in tempi lontani (lontanissimi da noi) prova a raccontare delle storie con dei riferimenti attuali.

Matteo Rovere, artista che si divide ormai tra cinema e serialità televisiva, ha ormai ben chiaro il mercato dove andare ad inserire i propri prodotti. Così se Romulus, a suo modo, andava a inserirsi nel filone del fantasy, La legge di Lidia Poët si va ad inserire in un target vicino a quello di film come Enola Holmes. I due film dedicati all’investigatrice sono anch’essi legati a qualcosa di classico, una figura letteraria d’epoca come Sherlock Holmes, e hanno come protagonista una giovane donna. La Lidia di Matilda De Angelis è un po’ come Enola Holmes: giovane, indipendente, sveglia. E con una grande dote: la deduzione. È proprio questa, insieme all’intraprendenza, la grande qualità di Lidia Poët. La capacità, proprio come una Holmes nostrana e al femminile, di vedere indizi che gli altri non vedono, e di giungere a conclusioni e soluzioni a cui altri non arriverebbero. Per questo assistere alla risoluzione degli enigmi raccontati nella serie è particolarmente divertente.

Ma è piacevole soprattutto perché c’è lei, Matilda De Angelis, che ormai seguiamo con piacere dal primo film in cui l’abbiamo vista, Veloce come il vento. Sì, anche in quel film diretta da Matteo Rovere, che di fatto l’ha scoperta, anche lì una giovane donne alle prese con un lavoro che si crede solo per uomini, il pilota automobilistico. Matilda De Angelis in questo ruolo è perfetta, e il suo personaggio contribuisce a definirlo. Il suo volto, al tempo stesso classico e modernissimo, le permette di disegnare un’eroina senza tempo. Che è proprio quello che deve essere la nostra Lidia. Un personaggio storico, legato alla propria epoca. E un personaggio attuale, moderno, in grado di coinvolgere un pubblico giovane, e di parlare alle ragazze dei nostri tempi. Matilda De Angelis incarna tutto questo: una buona dose di irriverenza, e un’altra di indipendenza. La sua Lidia è rock come lei.

Tutto questo è inserito in una cornice pop, quasi da graphic novel. La storia si svolge in una Torino affascinante e misteriosa, oscura e luminosa allo stesso tempo, un po’ come la Londra di From Hell (La vera storia di Jack lo squartatore nella versione italiana), un film che, non a caso, è tratto da una graphic novel. E a tratti questa serie sembra un romanzo a fumetti. Tra una scena e l’altra troviamo spesso colori accesi, costumi che sono d’epoca, ma sono anche quelli che potrebbe indossare una rock band, così come la musica rock interrompe spesso la storia come contrappunto anacronistico ed efficace. Accanto a Matilda De Angelis, spicca Eduardo Scarpetta (visto nella serie Le fate ignoranti), nel ruolo di Jacopo, sensuale ed espressivo. La macchina da presa di ferma spesso sui loro volti. Soprattutto su quello dell’attrice: per enfatizzarlo, illuminarlo, cercare, come dice Matteo Rovere, “di enfatizzare il rapporto tra il suo volto e il suo tempo”. E così Matilda De Angelis diventa un’eroina senza tempo.

di Marizio Ermisino per DailyMood.it

 

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